La Marza era un carcere completamente interrato e privo di finestre, a cui si accedeva tramite una piccola botola posta sul soffitto della stessa. Qui venivano incarcerati coloro la cui pena richiedeva una "dura espiazione", a differenza di chi per colpe meno gravi veniva rinchiuso al piano superiore, in una cella con sbarre, aria e luce. Sul volume di Giuseppe Romegialli "Storia della Valtellina e delle già Contee di Bormio e Chiavenna" del 1834, compare come il genere d’incarcerazione duro non fosse una pregiudiziale di Bormio, ma bensÏ venisse utilizzato anche a Sondrio dentro Palazzo Pretorio per punire i crimini legati alla stregoneria.
Testo e illustrazione tratti dal volume "Polvere di Fiabe", Alpinia Editrice Bormio